La Festa
In occasione della festa di Sant’Antonio Abate, protettore dei pizzaioli e dei fornai, il 17 gennaio si celebra la Giornata mondiale della pizza napoletana e l’Arte dei Pizzaioli Napoletani, quest’ultima dichiarata dall’Unesco Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Sant’Antonio è il capostipite dei monaci cristiani nato in Egitto e tradizionalmente associato all’elemento del fuoco, infatti a Napoli si facevano grandi falò dalla funzione purificatrice con cui gli abitanti salutavano l’anno appena trascorso, preparandosi ad accogliere quello nuovo. Nei primi anni del ‘900, il 17 gennaio era anche la “giornata dei pizzaioli”. Questi, infatti, cessavano di lavorare a mezzogiorno per poter trascorrere le ore pomeridiane e serali con i propri parenti.
La Pizza all’estero
Nell’occasione della giornata mondiale della pizza, bisogna ricordarsi che per fare una pizza sono necessari pochi e semplici ingredienti: acqua, farina e lievito. Successivamente mozzarella, pomodoro e basilico. Poi, tanta pazienza e un po’ di abilità.
Tuttavia, ogni nazione vuole provare a personalizzare – o addirittura stravolgere – questo piatto invece di rispettarlo, per mettere in primo piano la propria invenzione. Ma nessuno si rende conto che sta portando in tavola un vero e proprio disastro, o almeno qualcosa di molto lontano dall’idea di pizza italiana.
Fermiamo gli impostori!
Dall’ananas alle banane fino alle pizze condite con carni esotiche, fino a quella speziata con il pollo tandoori immerso nello yogurt, non c’è pace per la vera pizza Made in Italy nei cinque continenti dove si trovano varianti che hanno fatto tremare un italiano su tre (36%) che in viaggio all’estero si è scontrato con le versioni più improbabili e i condimenti più bizzarri.
È quanto emerge dall’analisi Coldiretti/Ipsos in occasione dell’apertura della prima Pizzeria degli Orrori al Villaggio della Coldiretti a Napoli in piazza Municipio nell’anniversario dell’inserimento nella lista Unesco del patrimonio dell’umanità il 7 dicembre 2017.
Un appuntamento per celebrare il piatto più amato della tradizione italiana ma anche per mostrare e denunciare gli scempi che si trovano all’estero, dalle Americhe all’Asia, dall’Africa all’Australia in Oceania fino all’Europa dove le varianti più terribili si trovano nei paesi del Nord, secondo l’analisi della Coldiretti.
La delusione per le pizze all’estero riguarda diversi aspetti: al primo posto l’impasto (52%), al secondo il sapore (48%) e al terzo il tipo di ingredienti utilizzati (36%) considerata anche le stranezze diffuse fuori dai confini italiani. Ma tra i motivi di delusione per la pizza all’estero – ricorda l’indagine Coldiretti/Ipsos – ci sono anche la combinazione insolita degli ingredienti (34%), la cottura errata (30%), il costo elevato (25%), la preparazione (24%) e la scarsa digeribilità (23%).
Nella giornata mondiale della pizza, qualcuno si ricorderà che ci sono stati negli anni molti dibattiti sulla pizza all’estero e sul fare rispettare i suoi ingredienti, impedendo a chi decide di non rispettarli di chiamarla con lo stesso nome “PIZZA”. Perché non chiamarla PISSA o PIXXA o qualsiasi altro nome che si differenzi dal nostro piatto tradizionale?
Forse è un problema di comunicazione?
Facciamo sapere al mondo che cos’è la pizza
”L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” è stata riconosciuta dall’Unesco come parte del patrimonio culturale dell’umanità, trasmesso di generazione in generazione e continuamente ricreato, in grado di fornire alla comunità un senso di identità e continuità e di promuovere il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana, secondo i criteri previsti dalla Convenzione Unesco del 2003. Si tratta di una pratica culinaria che comprende varie fasi, tra le quali la preparazione dell’impasto, un movimento rotatorio fatto dal pizzaiolo e la cottura nel forno a legna.
Forse in questa giornata mondiale della pizza, invece che prendersela con il mondo intero, bisognerebbe preoccuparsi di educare le persone nel mondo su cosa voglia dire la parola PIZZA. Un po’ di sano Marketing Digitale potrebbe aiutare questo settore a comunicare l’essenza e le tradizioni del prodotto PIZZA per farlo conoscere e soprattutto rispettare.
Con i canali social media, un po’ di SEO e molti contenuti educativi, il mondo potrebbe iniziare a capire perché gli Italiani amano così tanto la PIZZA e perché è buona solo in Italia.